La cardiopatia ischemica, di cui l’angina è uno dei sintomi principali, è una delle maggiori cause di morte a livello globale.1 Sebbene spesso ci si concentri, nella comunicazione, su termini come “infarto” o “attacco di cuore”, l’angina rappresenta il campanello d’allarme più comune che il nostro cuore ci manda quando le sue richieste di ossigeno non vengono soddisfatte.2 Per questo, riconoscerne i segni può fare la differenza tra un intervento tempestivo e un evento critico.1
È possibile classificare l’angina principalmente in due categorie, angina stabile (o tipica) e instabile (o atipica).
• L’angina tipica si manifesta come un dolore al petto ben localizzato, spesso descritto dai pazienti come un senso di oppressione o di peso dietro lo sterno, che si presenta quando il cuore è sotto sforzo. Questo dolore è prevedibile: compare durante l’attività fisica o in situazioni di forte stress emotivo, e scompare con il riposo o con l’assunzione, su prescrizione medica, di farmaci in grado di dilatare le arterie e ristabilire il flusso sanguigno.
• Se il quadro clinico è chiaro e rispetta tre criteri, ossia dolore toracico specifico, legato all’attività e risolvibile con il riposo o i farmaci specifici, si parla di angina tipica.3 Questa forma è quasi come un “messaggio standard” che il cuore invia per avvisare che qualcosa non va e il problema generalmente deriva dal restringimento delle arterie coronarie, che ostacola il flusso sanguigno.1
L’angina atipica è, invece, più subdola, e questo ne rende più difficile la diagnosi. I sintomi non seguono lo schema classico: il dolore può essere meno definito, presentarsi anche a riposo o senza una precisa correlazione con lo sforzo fisico. Oppure, ancora, il dolore può non esserci affatto: al suo posto, il paziente potrebbe avvertire solo una forte stanchezza, una mancanza di respiro o perfino nausea.3
In Italia, tra la popolazione adulta (35-74 anni), la cardiopatia ischemica causa il 12% di tutte le morti e l’8% deriva da infarti del miocardio.4
Inoltre, uomini e donne vivono questa patologia in modo diverso: le donne tendono a sviluppare la malattia in età più avanzata, rispetto agli uomini3 e, secondo uno studio demografico italiana, vi è una prevalenza differente dell’Angina Pectoris tra i due sessi. La forma tipica è stata riportata dal 13,6% degli uomini e dal 22,7% delle donne, mentre quella atipica è stata sperimentata, rispettivamente, dal 7,3% e dal 12,9%.5
Questi dati non devono, però, spaventare. Ad oggi è possibile prevenire e trattare l’angina, attraverso strategie mitrate: riconoscere i sintomi, soprattutto nelle forme meno convenzionali, è cruciale per intervenire in tempo e, attraverso una combinazione di prevenzione, trattamento farmacologico e, se necessario, intervento chirurgico, è possibile ridurre il rischio di complicanze.
Prima di tutto, le modifiche allo stile di vita sono fondamentali3:
• smettere di fumare
• seguire una dieta sana
• tenere sotto controllo la pressione arteriosa e il diabete
• fare esercizio fisico regolarmente.
Accanto a queste misure, la terapia farmacologica offre diverse opzioni. In alcuni casi, però, i farmaci non bastano: quando il restringimento delle arterie è grave, può essere necessario un intervento chirurgico, come l’angioplastica o il bypass coronarico, per ripristinare il flusso sanguigno al cuore.6
La ricerca medica continua a progredire, cercando soluzioni innovative per affrontare l’angina: attualmente, i ricercatori stanno concentrando i loro sforzi su diversi fronti, tra cui lo studio dei meccanismi molecolari alla base della malattia coronarica, lo sviluppo di nuovi farmaci e la personalizzazione delle terapie, un approccio che mira a modellare il trattamento su misura per ogni paziente, tenendo conto delle sue caratteristiche genetiche e delle specificità della malattia7, con l’obiettivo finale di migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da angina e ridurre il rischio di complicanze gravi.